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22 Febbraio 2021

Piano nazionale di ripresa e resilienza 2

La sintesi dell’audizione Svimez sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza

Il Pnrr e le esigenze di revisione

Il Pnrr, approvato dal precedente governo il 12 gennaio e attualmente al vaglio del Parlamento, presenta miglioramenti significativi, ma manca ancora una visione chiara del ruolo che il Mezzogiorno può svolgere nella ricostruzione del Paese.

L’ampliamento del Piano e l’incremento della quota destinata a nuovi progetti rispetto alla bozza di dicembre 2020 sono stati resi possibili anche grazie all’integrazione di 21,2 miliardi di euro dal Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc). Questa scelta è condivisibile se finalizzata ad accelerare la spesa dell’Fsc, ma richiede trasparenza nella definizione dei tempi di reintegro delle risorse anticipate. In caso contrario, il Fsc rischierebbe di svolgere un ruolo sostitutivo, vanificando il principio di addizionalità e contraddicendo la finalità della coesione territoriale, uno dei pilastri del Next Generation EU.

Inoltre, è necessario prevedere, in analogia con React-EU, una chiara identificazione degli interventi finanziati dal Fsc, al fine di garantire un efficace monitoraggio del rispetto del vincolo di allocazione dell’80% delle risorse al Mezzogiorno. Oltre a tutelare i criteri di allocazione dei fondi nazionali ed europei (Fsc e React-EU) complementari al Recovery and Resilience Facility (RRF), è fondamentale orientare le risorse aggiuntive del Piano all’obiettivo della coesione territoriale, con un focus su: infrastrutture materiali e sociali e qualità e disponibilità dei servizi pubblici essenziali.

Senza una chiara definizione dei progetti attivabili nelle diverse missioni, al momento è impossibile verificare l’effettiva quota di risorse destinate alle regioni meridionali. Secondo la Svimez, il documento dovrebbe esplicitare meglio come l’obiettivo trasversale della coesione territoriale venga perseguito all’interno di ciascuna missione, specificando fabbisogni, target e risultati attesi a livello territoriale.

Su questi aspetti dovrà concentrarsi l’azione del nuovo esecutivo. Un approccio metodologico rigoroso – senza imporre vincoli territoriali ex ante di natura meramente contabile – porterebbe naturalmente a una concentrazione delle risorse nel Mezzogiorno superiore al suo peso demografico (34%). Infatti, il Sud presenta, al tempo stesso, maggiori ritardi in termini di offerta di servizi pubblici essenziali e un elevato potenziale di contributo alla transizione ecologica e digitale Senza un’adeguata dotazione di risorse per colmare questi divari e valorizzare tali opportunità, il Pnrr fallirebbe l’obiettivo di generare una crescita più equa e stabile.

Le proposte della Svimez

Il Pnrr italiano entrato nella discussione per il confronto con il Parlamento, le Istituzioni regionali e locali, e le forze economiche e sociali presenta ancora non poche criticità da risolvere e questioni aperte da sciogliere in tempi brevi. Il lavoro svolto dal precedente Governo andrà approfondito e completato dal nuovo esecutivo entro la scadenza molto ravvicinata di fine di aprile.

In particolare, definita la sua struttura per missioni e componenti, resta da completare il quadro di dettaglio dei singoli progetti che consenta di valutare appieno la coerenza del Piano rispetto alle linee guida europee. I necessari approfondimenti sui quali lavorerà il nuovo Governo riguardano, così risulta dalle linee programmatiche esposte in Parlamento del Presidente Draghi, la dimensione strategica del Programma, in particolare con obiettivi – e relativi target da conseguire –  concentrati sulle transizioni gemelle (verde e digitale): “la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G”.

Le linee guida europee stabiliscono chiaramente che gli Stati membri devono esplicitare come intendono ridurre le disuguaglianze territoriali e promuovere una crescita regionale bilanciata a partire da un’analisi puntuale dei gap da colmare, valutando con indicatori territoriali gli impatti attesi.

Per quanto riguarda le criticità attuative, il precedente governo non aveva ancora risolto la questione della governance, un nodo particolarmente rilevante per il Mezzogiorno, dove persiste un gap di capacità amministrativa che incide sia sulla gestione delle funzioni ordinarie, sia sull’attuazione delle politiche di coesione europee.

Secondo le analisi della Svimez, l’impiego delle risorse del Piano Next Generation Italia rappresenta un’opportunità strategica non solo per rafforzare il presidio centrale delle politiche, ma anche per promuovere un investimento strutturale nella pubblica amministrazione, sia a livello nazionale che locale.

I punti programmatici del nuovo governo hanno chiarito che la governance del Pnrr sarà incardinata nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, in stretta collaborazione con i Ministeri competenti, responsabili della definizione delle politiche e dei progetti settoriali. Questa scelta, unita alla volontà di rafforzare gli obiettivi strategici del Piano, lascia prevedere una struttura decisionale fortemente centralizzata, con un ruolo determinante dei Ministeri a guida tecnica.

La Svimez sottolinea che, con la stessa attenzione riservata al ruolo dello Stato, andrà valutato il contributo delle imprese strategiche nazionali nella definizione e attuazione dei progetti. Queste imprese, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo inclusivo e sostenibile, possono svolgere un ruolo chiave nell’attivazione di nuovi mercati locali e nel sostegno al processo di infrastrutturazione materiale e immateriale, favorendo un impatto economico più ampio e duraturo.

Impatto economico: scenari di crescita Nord/Sud

La Svimez ha stimato gli effetti sulla crescita del Pil derivanti dall’attuazione del Pnrr, analizzando la quota di risorse destinate agli investimenti (circa il 70% delle risorse complessive, pari a 150 miliardi di euro nel periodo 2021-2026). Sono stati considerati due scenari: il Mezzogiorno riceve solo il 24% delle risorse, in linea con i trend storici della spesa pubblica in conto capitale tra il 2014 e il 2019; il Mezzogiorno riceve il 50% delle risorse, coerentemente con l’obiettivo europeo della coesione territoriale.

Nel primo scenario, l’effetto aggiuntivo complessivo sulla crescita italiana è stimato in circa 7 punti percentuali (8,1 nel Mezzogiorno). L’impatto in termini di occupazione aggiuntiva sarebbe invece pari a circa 1 milione di unità, circa 600 mila nel Centro-Nord e 400 mila nel Mezzogiorno. Una distribuzione territoriale delle risorse più favorevole al Mezzogiorno, e più coerente con l’obiettivo europeo della coesione territoriale, non solo avrebbe l’effetto di incrementare significativamente la crescita del Pil meridionale, dall’8,1 all’11,6% (e di attivare un ulteriore incremento di circa 100 mila posti di lavoro), determinando anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale di circa un punto percentuale.

Impatto incrementale cumulato 2021-26 sul Pil degli investimenti del Pnrr

Fonte: Svimez, modello NMODS

Nel breve periodo, data l’interdipendenza tra Nord e Sud, i maggiori investimenti nel Mezzogiorno alimentano un effetto indiretto sulle produzioni del Nord, attraverso una domanda di beni e servizi necessari alla realizzazione di tali investimenti. La Svimez stima che ogni euro di investimento al Sud genera circa 1,3 euro di valore aggiunto per il Paese, di cui 0,3 (il 25%) al Centro-Nord. Nel lungo periodo, il processo di accumulazione di capitale, dati i rendimenti decrescenti nella dotazione dello stock di capitale, produce dinamiche del moltiplicatore decrescenti nel Centro-Nord e crescenti nel Sud.

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