Il comparto delle utility ha generato un valore aggiunto superiore agli 8 miliardi, con circa 112mila occupati e il 69% dei progetti legati al PNRR nella fase conclusiva di collaudo. Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto Sud, lo studio di Utilitalia e SVIMEZ che analizza e valuta il contributo economico e occupazionale del sistema delle utility nelle regioni del Mezzogiorno.
I principali dati economici e lo stato di attuazione del PNRR
In un quadro congiunturale complesso, il sistema meridionale delle utility mostra segni di forte resilienza e di progressivo consolidamento nel ruolo di principale infrastruttura economica e industriale del Mezzogiorno. Nel 2024, le utility del Sud hanno generato oltre 8,3 miliardi di valore aggiunto: il 27,3% del totale nazionale del comparto, un’incidenza in crescita di circa 1 punto percentuale sull’anno precedente. Nel 2024, il comparto meridionale è arrivato ad impiegare circa 112mila addetti: +5mila occupati rispetto al 2021. La produttività media delle utility meridionali è pari a 75.348 euro per addetto nel 2024: + 17,3% della media industriale dell’area e +24,7% della media totale dell’area.
Le utility, inoltre, rappresentano un pilastro essenziale dell’attuazione del PNRR, con una dotazione complessiva di oltre 10 miliardi di risorse, il 40% delle quali al Sud. Dal monitoraggio finanziario, per i progetti destinati alla realizzazione di lavori pubblici dal valore di circa 8 miliardi, le spese rendicontate ammontano al 30% dei finanziamenti al Centro-Nord, quota che scende al 14,8% al Sud. In termini procedurali, il quadro del Mezzogiorno è più roseo ma non pienamente soddisfacente. Nelle regioni meridionali resta da avviare il 2,5% dei progetti, mentre il 69% si trova nella fase conclusiva di collaudo e solo l’1,2% risulta concluso: a meno di un anno dalla scadenza del Piano, è necessario imprimere un’accelerazione per portare a termine gli interventi.
Rifiuti, acqua ed energia: potenzialità e criticità
In proposito, lo sviluppo di impianti di trattamento e recupero dei rifiuti, sostenuto anche dalle risorse del PNRR, è una condizione essenziale per la chiusura del ciclo e per il rafforzamento dell’autonomia gestionale del Sud; la carenza impiantistica comporta ingenti costi ambientali, oltre a ostacolare il pieno raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo. La chiusura del gap impiantistico rappresenta anche un’opportunità industriale e occupazionale: la realizzazione e la gestione dei nuovi impianti potrebbe generare un rilevante impatto economico e occupazionale, pari a 1,2 mld di PIL e 21mila nuovi posti di lavoro.
Sul fronte del servizio idrico, l’efficienza operativa del settore nel Mezzogiorno continua ad essere caratterizzata da una bassa propensione per gli investimenti, dovuta alla presenza ancora minoritaria di gestori industriali capaci di incrementare il grado di resilienza delle infrastrutture con scelte di investimento strategiche, come la diversificazione degli approvvigionamenti e il riutilizzo delle acque reflue. In questo contesto, è necessario completare il percorso di affidamento ai gestori unici e superare la frammentazione della governance promuovendo iniziative coordinate e partecipate di ampliamento e aggregazione tra gestori minori, parametrate su una soglia dimensionale del servizio non inferiore ai 230mila abitanti.
Per il presidente di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “l’unica strada percorribile per elevare il livello dei servizi pubblici al Sud è favorire una gestione industriale che si occupi dell’intero ciclo dell’acqua come dei rifiuti. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord e quelle delle realtà industriali presenti nel Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti, generando al contempo impatti positivi sull’occupazione e sull’indotto locale. Utilitalia si è fatta promotrice della Rete Sud, attraverso la quale diverse associate potranno affrontare congiuntamente le principali sfide operative, finanziarie e regolatorie del momento. Fare rete tra i gestori è un passo importante per rafforzare il sistema delle imprese dei servizi pubblici secondo una logica industriale, con l’obiettivo di superare le gestioni in economia e la frammentazione gestionale”.
Per quanto riguarda invece la transizione energetica, il Mezzogiorno è al centro della strategia nazionale delineata dal PNIEC 2024. Il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e sicurezza energetica – riduzione del 55% delle emissioni e 40,7% di rinnovabili entro il 2030 – richiede un rafforzamento delle infrastrutture, della governance territoriale e delle capacità tecniche locali. Il Sud, grazie al suo potenziale in fonti rinnovabili e gas verdi, può divenire hub energetico strategico del Paese, a condizione di superare i divari infrastrutturali e amministrativi. La transizione deve evolvere in chiave di coesione territoriale, generando valore aggiunto, occupazione qualificata e competitività sostenibile.
“I dati dimostrano che il sistema meridionale delle utility – evidenzia Luca Bianchi, direttore generale della SVIMEZ – mantiene un ruolo di primo piano nel consolidamento della crescita sperimentata dal Mezzogiorno in tutta la fase post covid. Elevati livelli di produttività e l’aumento della base occupazionale sono segnali che qualificano le utility come una chiave di volta per la trasformazione del tessuto economico meridionale. A questo, si aggiunge il buono stato di avanzamento degli investimenti PNRR che ricadono direttamente sul comparto, ad indicare un miglioramento effettivo dei servizi per imprese e cittadini, elemento essenziale per sostenere i processi di sviluppo, ammodernamento e diversificazione interni all’area”.

