La sintesi della memoria Svimez sul monitoraggio di Resto al Sud.
Obiettivi e modifiche della normativa
La misura «Resto al Sud» è stata introdotta dal DL n. 911 del 2017 per promuoverel’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno.Nel corso del tempo l’intervento è stato oggetto di molteplici modifiche: (i) la legge di bilancio 2019 ha innalzato da 35 a 45 anni l’età dei beneficiari; (ii) la legge di bilancio 2021 ha esteso la platea dei beneficiari ai 55enni residenti al Sud e in alcuni limitati territori del Centro-Nord, per facilitare possibili percorsi di auto impiego degli over 55 espulsi dal mercato del lavoro; (iii) il DL n. 121/2021 ha incluso il commercio tra i settori agevolabili; (iv) l’ambito territoriale di riferimento attualmente comprendente anche i Comuni del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016-20175 e alcune isole minori del Centro-Nord. Nel complesso, queste modifiche hanno accentuato la funzione “anti-crisi” dello strumento, riducendone di conseguenza l’aderenza agli obiettivi iniziali.
Il monitoraggio della misura
Operativa dal 15 gennaio 2018 e gestita da Invitalia, la misura ha una significativa dotazione finanziaria: 1 miliardo e 250 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020. «Resto al Sud» copre per intero il finanziamento dell’investimento di avvio di nuove iniziative imprenditoriali o di ampliamento/diversificazione del business di imprese costituite dopo il 21 giugno 2017; il 50% del finanziamento è a fondo perduto, il restante 50% è costituito da un prestito bancario.
Dal 2018 al 2022, sono state ammesse a contributo 10.797 domande che hanno attivato poco meno di 1 miliardo di euro di investimenti. L’importo unitario medio degli investimenti previsti per l’avvio dell’attività è di 88mila euro. Le agevolazioni concesse sono risultate pari a 517,6 milioni per i contributi a fondo perduto e a 429,9 milioni per i finanziamenti agevolati e l’importo dei contributi in conto capitale effettivamente erogato a fine 2022 è stato di 203 milioni pari al 39,2% di quello concesso. Dati più recenti relativi alla situazione al 1° novembre 2023 indicano in 60.166 i posti di lavoro creati.
A livello territoriale, si rileva una forte concentrazione degli investimenti e delle agevolazioni in Campania, che da sola rappresenta oltre la metà dei rispettivi totali del Mezzogiorno. La Calabria e la Sicilia, complessivamente, rappresentano un ulteriore 30%.
A livello settoriale, circa il 50% degli investimenti e dei relativi contributi assorbiti ha interessato attività turistico-culturali.
Il settore manifatturiero/artigianale supera di poco il 20% degli importi totali; il contenuto importo unitario medio degli investimenti (91 mila euro, inferiore anche al dato di 94 mila euro per le attività turistico-culturali) è un indicatore indiretto nella limitata capacità della misura di stimolare iniziative imprenditoriali a elevato valore aggiunto e, presumibilmente, a maggiore domanda di lavoro qualificato. Un aspetto, questo confermato dalla forte concentrazione nei servizi alla persona e, specularmente, dal ruolo marginale svolto dai servizi alle Pmi e Ict.
La distribuzione settoriale degli investimenti finanziati suggerisce che la misura non sia riuscita a incentivare iniziative imprenditoriali realmente innovative, limitandosi in gran parte a replicare il modello di specializzazione produttiva esistente, caratterizzato da attività a bassa produttività e con una scarsa domanda di lavoro qualificato. Un maggiore grado di selettività settoriale potrebbe trasformare «Resto al Sud» da un semplice incentivo alla nascita di nuove imprese a uno strumento di supporto per un’imprenditoria a più alto valore aggiunto e maggiore contenuto di innovazione.