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3 Novembre 2025

Manovra: Svimez, bene il finanziamento della ZES unica, ma senza coperture per i Lep cresce il rischio di cristallizzazione dei divari

Sintesi dell’Audizione Svimez alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Il Mezzogiorno nel DdL di Bilancio 2026

1. Premessa

  • Il DdL di Bilancio 2026 mira alla riduzione graduale di deficit e debito pubblico, in coerenza con gli impegni assunti con la Commissione europea.
  • L’obiettivo è l’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo entro il Consiglio europeo di marzo 2026.
  • Dopo anni di politiche espansive (PNRR, fondi di coesione 2014-2020), la manovra segna una svolta prudente e sostanzialmente neutrale in termini di stimolo alla crescita.
  • Il Mezzogiorno, che aveva beneficiato più intensamente della fase espansiva, rischia di perdere slancio e il mantenimento di un sentiero espansivo rimane legato prevalentemente all’attuazione del PNRR.

2. Riduzione della spesa in conto capitale e impatto sul PNRR

Dal lato delle coperture, l’obiettivo della stabilizzazione delle finanze pubbliche viene perseguito attraverso una sensibile riduzione, nel 2026, delle spese in conto capitale (-4,7 miliardi), in larga parte riconducibili alla rimodulazione del PNRR.

Questa riduzione, si inserisce in una tendenza che negli anni recenti aveva visto un forte sostegno della spesa in conto capitale alla crescita del paese, e in particolare del Mezzogiorno.

La circostanza che questa riduzione sia riconducibile al PNRR rende ancora più importante la modalità con cui il Governo stia procedendo alla rimodulazione che dovrebbe aver notificato alla Commissione europea, in particolare per quel che concerne le modifiche tra vecchi interventi da definanziare e i nuovi da inserire e le conseguenze di queste rimodulazioni sull’allocazione territoriale delle risorse.

Con riferimento alle spese per investimenti, si segnala, inoltre, che l’articolo 129, del d.d.l. in esame, al comma 6 dispone il versamento all’Entrata del bilancio di 1.100 milioni per il 2026 e di 1.000 milioni per il 2027 di somme del Fondo per lo sviluppo e la coesione iscritte in conto residui. A ciò si aggiunge il comma 15 dell’articolo 129 dispone la riduzione complessiva di 300 milioni (100 milioni per ciascuna annualità 2026-2028) delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, ciclo di programmazione 2021-2027. In totale le dotazioni FSC si riducono complessivamente di 2,4 miliardi.

3. Clausola del 40% sugli investimenti ordinari e Fondo di Sviluppo e Coesione

Gli effetti negativi dei minori stanziamenti per le infrastrutture potrebbero essere attenuati dall’effettiva applicazione della “clausola” dell’articolo 11 del decreto coesione del 2024, che prevede che le Amministrazioni centrali dello Stato debbano destinare alle regioni del Mezzogiorno il 40% delle risorse ordinarie in conto capitale. Per l’effettiva implementazione di questa clausola andrebbero resi disponibili i dati risultanti dai meccanismi di monitoraggio previsti dalla norma, nonché l’introduzione di sanzioni in caso di mancato rispetto, attualmente non previsti.

Un ulteriore contributo per non frenare nel Mezzogiorno la spinta propulsiva della spesa in conto capitale potrebbe pervenire dal Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) per il quale la legge di bilancio prevede, per la prima volta, limiti annuali di spesa. Si tratta tuttavia di limiti elevati (7.134 milioni per il 2026, 8.684 milioni per il 2027, 8.954 milioni per il 2028) che, se effettivamente raggiunti, potrebbero dare continuità alla fase propulsiva degli investimenti nel Mezzogiorno. Dal 1° gennaio al 31 agosto 2025 il FSC ha evidenziato una spesa inferiore ai 2,5 miliardi di euro.

Assume pertanto particolare importanza un’azione del Governo volta ad accelerare l’avanzamento dei Piani sviluppo e coesione 2014-2020 e a verificare il rispetto dei cronoprogrammi di spesa previsti negli Accordi per la coesione 2021-2027 sottoscritti con le regioni. Allo stesso tempo andrebbe completata la sottoscrizione degli accordi per la coesione con i vari Ministeri. Difatti solo la scorsa settimana sono stati firmati i primi accordi per importi FSC pari a 2 miliardi.

4. Credito d’imposta ZES Unica

L’articolo 95 estende al triennio 2026-2028 il credito d’imposta ZES Unica, con risorse pari a: 2,3 mld (2026)1 mld (2027)0,75 mld (2028).

La SVIMEZ valuta positivamente l’estensione pluriennale, che riduce l’incertezza per le imprese e consente una pianificazione più stabile degli investimenti. Con la riforma della Zes Unica si sono certamente manifestati positivi segnali in termini di efficienza dello strumento agevolativo. Rispetto alla precedente governance, si è registrato un dimezzamento dei tempi necessari per avviare gli investimenti. È necessario ora affiancare alle misure orizzontali dell’intervento, quali le agevolazioni fiscali e le semplificazioni burocratiche, una maggiore selettività che favorisca lo sviluppo di filiere realmente strategiche. Un aggiornato Piano strategico, in scadenza nel 2026, potrebbe essere l’occasione, anche alla luce dell’estensione a Marche e Umbria, per favorire il cambiamento strutturale, in grado di integrare il sistema produttivo meridionale nelle filiere strategiche europee.

Per quanto riguarda “Decontribuzione Sud”, a un anno dalla norma, non è ancora operativo l’ampliamento alle grandi imprese.

5. LEP e federalismo fiscale regionale

La manovra compie passi limitati e al di fuori di un piano organico verso l’attuazione del federalismo fiscale regionale, milestone del PNRR da completare entro aprile 2026.  In particolare, il DDL si occupa di LEP in materia di assistenza e istruzione (limitatamente all’istruzione universitaria), lasciando ancora indeterminati i LEP relativi all’istruzione professionale e al trasporto pubblico locale.

Riguardo all’assistenza in larga parte il DDL sistematizza i LEPS già previsti dalla legislazione vigente, accorpandoli in un “Sistema di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni nel settore sociale” con due novità: l’introduzione di un LEP relativo alla presenza di una équipe multidisciplinare in ogni ambito territoriale sociale (nella misura di uno psicologo ogni 30.000 abitanti e un educatore socio-pedagogico ogni 20.000), nonché quella di un LEP relativo ai servizi domiciliari socio-assistenziali per i soggetti non autosufficienti (nella misura di un’ora a settimana). Sono previsti nuovi stanziamenti solo per le équipe multidisciplinari (0,2 miliardi a decorrere dal 2027), mentre per il secondo dei nuovi LEP devono provvedere le amministrazioni regionali e locali con le risorse disponibili nei loro bilanci. Anche gli altri LEP già previsti dalla normativa sono finanziati con le risorse disponibili a legislazione vigente. La Commissione tecnica fabbisogni standard (CTFS) dovrà definire i criteri di riparto.

 Un ulteriore intervento – a cavallo fra assistenza e istruzione – è quello sulle attività di supporto all’autonomia e alla comunicazione personale degli studenti disabili. Il DDL definisce LEP il numero di ore indicato per tali attività nei Piani educativi individualizzati (PEI) formulati dalle scuole. Anche in questo caso la copertura finanziaria è data dalle risorse già disponibili a legislazione vigente; la CTFS dovrà definire i criteri di riparto.

 Infine in materia di istruzione l’unica misura è il rifinanziamento per 0,25 miliardi l’anno a decorrere dal 2026 del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio.

 Per dare compiuta attuazione al federalismo regionale resta ancora molto da fare: occorre completare l’individuazione dei LEP nell’istruzione e nel trasporto pubblico locale; occorre istituire il fondo perequativo regionale; occorre procedere alla “fiscalizzazione dei trasferimenti statali”.

 L’esperienza recente dimostra che l’obiettivo di attenuare i divari territoriali nei livelli di servizio difficilmente può essere perseguito in assenza di stanziamenti idonei.

 I LEP indicati dalla manovra sarebbero invece largamente finanziati a parità di risorse; il richiamo alle disponibilità finanziarie dei bilanci locali sembra mettere in discussione il carattere di “essenzialità” delle prestazioni, poiché la loro erogazione sarebbe condizionata dalla capacità fiscale locale (contrariamente a quanto stabilito dalla legge 42 del 2009). Anche a parità di risorse un’attenuazione dei divari territoriali potrebbe essere realizzata attraverso una revisione dei criteri di riparto delle risorse, chiaramente improntata a finalità perequative.

Il DDL, tuttavia, prevede che nell’allocazione delle risorse si tenga conto “degli effettivi beneficiari dei servizi”, riproponendo in tal modo il criterio della spesa storica che perpetuerebbe le differenze attuali.

6. Considerazioni conclusive

  • Dopo una fase in cui il PNRR e le politiche di coesione hanno sostenuto fortemente la crescita meridionale, il disegno di Legge di bilancio 2026 si presenta sostanzialmente neutrale in termini di stimolo macroeconomico.
  • Il Mezzogiorno rischia di subire una perdita di slancio se la riduzione della spesa in conto capitale non sarà compensata da un uso efficace del PNRR, dei fondi di coesione e dalla piena attuazione della clausola del 40% al Sud sulla spesa ordinaria.
  • Positivo il finanziamento per il triennio della ZES unica che consente stabilità e certezza per le imprese, occorre ora rafforzare la dimensione strategica con politiche selettive, orientando le risorse della politica di coesione.
  • Servono azioni di accelerazione e coordinamento delle risorse per investimenti, ordinari, del PNRR  e della coesione nazionale ed europea, per evitare un arretramento del contributo pubblico allo sviluppo del Sud, proprio mentre la politica economica complessiva torna su un sentiero di consolidamento fiscale.
  • La previsione di nuovi Lep sociali prevalentemente senza copertura e con un chiaro richiamo agli effettivi beneficiari, rischia una cristallizzazione della spesa storica e quindi dei divari di cittadinanza

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