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5 Marzo 2024

Il (pericoloso) disegno dell’autonomia differenziata

L’articolo di Adriano Giannola
su Corriere della Sera online

Il (pericoloso) disegno dell’autonomia differenziata che sostituisce le Regioni allo Stato

Il disegno di legge approvato dal governo il 15 marzo 2023, poi dal Senato il 23 gennaio 2024, ora in attesa del varo definitivo alla Camera, propone una singolare procedura “per sequenze cronologiche” di attuazione dell’ articolo 116 comma 3 (la cosiddetta autonomia rafforzata).  L’ intento dichiarato è di realizzare in tempi brevissimi il massimo dell’ autonomia. Esso si propone anzitutto di aggirare l’ ostacolo dei metafisici Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) previsti dall’ articolo 117 della Costituzione concernenti i diritti civili e sociali, la cui mancata definizione ha fatto naufragare i reiterati tentativi (Gentiloni, Conte -uno e due) perché in palese contrasto con il 116 comma 3 che in chiusura impone il «…rispetto dei principi di cui all’articolo 119» che tra l’ altro -al comma 3- prevede un «… fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante». Principio ribadito dall’ esplicito riferimento al 119 nell’ art. 120 Cost. comma 2.

La meccanica attuativa
La meccanica attuativa proposta dal DdL è un maldestro esercizio di astuzia in due tempi scanditi nei due commi dell’ articolo 4 che propongono una grossolana ed insanabile elusione dei precetti costituzionali.

Il trasferimento delle funzioni
Nel comma 1, con retorica ostentazione, si afferma che le funzioni che prevedono il rispetto dei LEP, non possano essere oggetto di intesa tra Stato e Regione se non dopo la loro definizione. Il successivo comma 2, mettendo appunto il carro davanti ai buoi, consente la immediata stipula di intese concernenti le altre materie a legislazione concorrente elencate nell’ art. 117 e il trasferimento di tutte quelle funzioni «…con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie… effettuato….nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente all’ entrata in vigore della presente legge».

La spesa storica
Il che «costituzionalizza» di fatto per quelle funzioni esenti dai LEP il criterio della «spesa storica» nella assegnazione delle risorse in virtù del fatto che le intese, essendo approvate con la procedura di «legge rafforzata», sono inemendabili dal Parlamento e, di fatto, irreversibili senza il consenso della Regione. Il successivo articolo 5 affida a una Commissione paritetica Stato-Regione il compito di individuare «le modalità del finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale».

Il metodo Calderoli
Steso un pietoso velo sull’astuzia grossolana, il «metodo Calderoli» realizzerebbe un duplice effetto. La «costituzionalizzazione» del criterio della spesa storica, cancellando l’ impegno al suo «superamento» oggetto fin dal 2009 della legge (Calderoli!) 42 di attuazione dell’ articolo 119 e mai attuato.

Le competenze fondamentali
Una costituzionalizzazione di fatto che tocca competenze fondamentali (le grandi reti logistiche, il trasporto e distribuzione dell’ energia, il commercio con l’ estero, i rapporti internazionali e con l’Unione europea, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, la sicurezza del lavoro, la protezione civile). In aggiunta l’esercizio di queste funzioni, oltre a garantire l’irreversibilità della rendita territoriale, laddove fin qui percepita ed ampiamente documentata, sostituisce la sovranità di quelle Regioni a quella dello Stato e ha il non secondario pregio di rinviare al secondo tempo previsto nel comma 1 gli effetti della «mischia perequativa» che si scatenerebbe quando si dovessero fare i conti con i LEP, se mai saranno definiti e -soprattutto- finanziati.

Non è la Catalogna
Non è per nulla la secessione (Catalogna docet!) ma un pericoloso machiavellismo disgregatore tipicamente italiano. Quanto al destino del comma 1 dell’ art.4 che rinvia al «maturare» dei LEP l’ intesa possibile tra Stato e Regione, esso è affidato a una volenterosa Commissione che gronda scienza e competenza e distilla ipotesi soggette in concreto all’ unica certezza del vincolo di invarianza dei saldi di finanza pubblica.

Il modello Lep
Per sfuggire a questo ruolo prevalentemente decorativo potrebbe invece «avvelenare i pozzi» definendo LEP obbligatori per tutte le Funzioni delle materie a legislazione concorrente! In altri termini rendere impraticabile il comma 2 dell’ articolo 4. Le suasive esternazioni del Presidente non sembrano orientate a un tale “eterodosso” garantismo. Il che, stante che i LEP sono la spada di Damocle che pende sulle Regioni potenziali fruitrici della costituzionalizzazione della spesa storica ricevuta in dono ex articolo 4 comma 2, la perequazione territoriale (prevista dalla legge 42 attuativa del 119 fin dal 2009) rischia di essere “prudentemente” dilazionata se non cancellata.
In altri termini il DdL è strutturato essenzialmente per eludere il percorso che la Costituzione indica per “l’autonomia differenziata”: un percorso che sia -come chiede il 116 comma 3- in armonia con il 119 (magari attivando fin da subito l’ articolo 120 della Costituzione).
Dire che in tutta fretta le Regioni richiedenti si fanno Stato già nel primo tempo previsto dal DdL è un eufemismo che mette ancor più a nudo il paradosso di un Governo che mentre invoca il premierato si sbarazza della sovranità.

Il piano delle Regioni
C’ è da chiedersi a chi giovi e a cosa punti un simile percorso. Che ci sia un “Piano delle Regioni” è una illazione suggerita non fosse altro per la necessità di evitare -una volta acquisite tante e così importanti funzioni- una prevedibile disarticolazione del sistema: un Piano “oltre l’ Autonomia”, pudicamente non ancora in campo, appare l’ approdo prevedibile del tutto possibile e finanche necessario.

Le regioni sovrane
Se il trucco dell’ inversione della prassi nell’ Autonomia-Calderoli avrà successo è inevitabile che prevarrà l’ irresistibile canto della Sirena che invita fin da subito a realizzare assestamenti territoriali latenti, resi a quel punto necessari a rassicurare chi (Confindustria in primis) si preoccupa di una babele di “regioni sovrane” e/o Sindaci preoccupati di un avvento della Regione-Sovrana il cui Presidente assume di diritto il fin qui abusato titolo di Governatore.
Facile prevedere che il Ministro, ad intese raggiunte ex art.4 comma 2, aprirebbe il suo cuore suggerendo alle Regioni Sovrane il percorso scolpito dal 2001 a chiare lettere in Costituzione nell’ articolo 117 comma 8 del Titolo V perfettamente -e non casualmente- complementare al 116 comma 3 e che recita:
«….La legge regionale ratifica le intese delle Regioni con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni». E’ del tutto evidente che le intese ex art.4 comma 2, sono solo l’avvio di un processo che in rapida sequenza porta ad altre intese e, con leggi regionali (senza possibili interventi dello Stato), a partorire l’ agognato Grande Nord, con buona pace di una -residuale-Repubblica Romana sovrana su i sette colli fatali.

La nascita del Grande nord
La nascita del Grande Nord segnerebbe una dura sconfitta identitaria -del Nord e del Sud- fomentando, al meglio (cosa da non auspicare!) la simmetrica illusione di “costruire” il contraltare di un Grande Sud.
Sarebbe così tradito il progetto ideale della sfida mazziniana l’ Italia sarà quello che il Mezzogiorno sarà. Utile ricordare alle nostalgie «neoborboniche» che nel 1946 la scelta della Repubblica cacciò i Savoia per scrivere nel 1947 la Costituzione repubblicana che accolse la sfida nell’ articolo 119 elevando il Mezzogiorno a primario impegno costituzionale. Da quell’ articolo – nel 2001- il Mezzogiorno fu cancellato.

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