di Adriano Giannola
su Il Quotidiano del Sud
I dati presentati qualche giorno dalla Svimez non sono pura statistica, dietro ai numeri c’è un’idea, fondata sui vantaggi comparativi dell’Italia e del Mezzogiorno, sui quali la Svimez suggerisce ai decisori alcune indicazioni programmatiche: investire sulla logistica, sfruttando le opportunità delle aree doganali intercluse, e favorire le Autostrade del Mare; implementare la transizione energetica, cogliendo le chance che ha il Sud sulle rinnovabili e sulla geotermia, piuttosto che puntare sul nuovo nucleare per il quale serviranno almeno 10 anni; scommettere sulla rigenerazione urbana, che è anche parte del discorso sulla mitigazione del rischio, vista come strategia per evitare lo spopolamento delle zone interne, da collegare alle aree metropolitane attraverso un’adeguata rete infrastrutturale.
La Svimez, infine, per prima lanciò già alcuni anni fa l’allarme sullo tsunami demografico. Lo spopolamento, lo ha ribadito recentemente il ministro Giorgetti, è la vera palla al piede del Sud, dove i residenti potrebbero calare di 3,4 milioni entro il 2050. E proprio nelle aree interne, abitate or mai quasi esclusivamente da una popolazione anziana, è già ampiamente visibile. Eppure, quello demografico è un tema che tutta la classe politica tende deliberatamente ad accantonare. Sottovalutando gli impatti rilevanti che ha sulla spesa pubblica, in termini di servizi sociali, sanitari. Per affrontarla bisogna creare condizioni capaci di rendere appetibile progettare lì la propria vita e quella dei figli.