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31 Ottobre 2025

Giannola (Svimez): “Il ponte sullo Stretto parte di una strategia per lo sviluppo del Paese”

di Michele Ricciotti

Su Il Quotidiano Nazione. L’Altra voce d’Italia

«Subito dopo il Covid presentammo un progetto di rilancio non solo del Mezzogiorno ma dell’intera Italia, in cui certo il sud aveva un ruolo centrale».

E il ponte sullo Stretto che ruolo aveva?

«Era il primo dei tre progetti strategici che individuammo».

A parlare è Adriano Giannola, economista, già ordinario di Economia Bancaria e Direttore del Dipartimento di Economia all’Università Federico II di Napoli e presidente della Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Nell’aprile del 2021 ha curato il Progetto di sistema per il Sud in Italia e l’Italia in Europa elaborato, oltre che dalla Svimez, dal presidente di Animi Gerardo Bianco, dal Coordinatore del progetto dei dialoghi Arge Pier Paolo Maggiora e dal presidente del Cnim Aurelio Misiti.

Quali erano gli altri due punti del progetto?

«L’attivazione delle Zone Economiche Speciali portuali, che completavano il sistema dei porti nel Mezzogiorno, e infine la realizzazione delle autostrade del mare, un progetto fondamentale per la transizione energetica, che solo l’Italia in Europa avrebbe potuto praticare in maniera massiccia e che l’avrebbe resa all’avanguardia, oltre che una potenza logistica mediterranea».

Presentaste questo progetto ai vertici del governo di allora?

«Si, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Peccato, perché dimostrammo che l’Italia avrebbe potuto raggiungere gli obiettivi che ci chiedeva l’Europa sulla transizione energetica continuando a usare il fossile, ma cambiando vettore: passando dalla strada al mare. L’uso del fossile sarebbe stato di grande vantaggio competitivo in una fase intermedia perché compatibile con le richieste Ue previste per il 2030».

I finanziamenti?

«Partendo subito si sarebbe goduto dei finanziamenti del Pnrr. L’Italia poteva diventare l’hub logistico del sud Europa».

Una delle obiezioni che vengono avanzate da chi avversa il progetto attuale è che prima del ponte è necessario realizzare altre infrastrutture, tra cui ferrovie e strade.

«E un’obiezione che non è valida ora e non lo è mai stata, non lo è neanche in teoria: non ha senso dire che prima devi realizzare qualcosa che dovrebbe rendere utilizzabile il prodotto finale. Lo sviluppo si fa cambiando e anche facendo un po’ di “violenza” alla realtà. E la realtà del Mezzogiorno ha molto bisogno di una violenza creatrice».

A monte deve esserci però anche la volontà politica. In questo momento la vede?

«Queste cose dovrebbero essere trattate al di sopra dello scontro politico. La maggioranza ha sbagliato a gridare immediatamente all’invasione di campo dopo lo stop della Corte dei Conti. In questo modo la questione viene posta su un terreno che non è quello che le spetta e su cui andrebbe trattata».

Dall’altro lato l’opposizione, una parte della quale un tempo era favorevole al ponte, adesso fa muro. Anche questo non è un atteggiamento maturo.

«Sono d’accordo. Il problema è che entrambe le parti contribuiscono a spostare il dibattito su una cosa che non coincide con la strategia per il paese, con i suoi obiettivi comuni, con i tempi necessari a realizzarli».

Qual era la spesa prevista per la costruzione del ponte nel vostro progetto?

«Era una spesa di quattro miliardi».

E i tempi di costruzione?

«Quattro anni»

Rispetto al progetto attuale sembrano previsioni un po’ velleitarie.

«Uno dei firmatari del progetto era stato consulente del ministro Lunardi ed ex presidente della commissione per le opere pubbliche. Sapeva ciò di cui parlava».

Che fine ha fatto il vostro progetto?

«È passato completamente in cavalleria. Non si è fatto un vero e proprio dibattito. Peraltro, la soluzione proposta da noi in maniera completamente autonoma sul ponte e sui suoi costi fu quella indicata dagli esperti della commissione nominata a questo scopo dall’allora ministro per le infrastrutture De Micheli».

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