La sintesi della memoria Svimez sull’attuazione del federalismo fiscale e dell’autonomia differenziata
Autonomia differenziata e Titolo V della Costituzione
Le richieste di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», previste dall’articolo 116, comma 3, della Costituzione, sono oggetto di discussione sin dalla firma delle pre-intese del febbraio 2018 tra le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto e il Governo Gentiloni. Il tema è stato successivamente inserito nel «contratto di governo» dell’esecutivo giallo-verde come priorità assoluta, per poi rimanere confinato a un dibattito tecnico tra specialisti nell’ambito delle trattative Stato-Regioni.
Nel febbraio 2019, la pubblicazione dei testi concordati tra il Governo e le tre Regioni richiedenti ha riacceso il confronto pubblico, trasformandolo in una discussione polarizzata e fortemente influenzata da contrapposte rivendicazioni territoriali.
La questione dell’autonomia differenziata va inquadrata in un contesto più ampio, che tenga conto della necessità di un’attuazione organica, completa ed equilibrata del Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001, e della piena applicazione della legge 42/2009 sul federalismo fiscale.
Troppo spesso il dibattito ha lasciato spazio all’idea che la concessione dell’autonomia differenziata sia un atto dovuto, in risposta a richieste ritenute automaticamente legittimate dal dettato costituzionale. Tuttavia, pur essendo la richiesta di autonomia differenziata legittima, essa deve avvenire nel rispetto delle condizioni previste dalla legge 42, che ne disciplina l’attuazione nell’ambito di un quadro finanziario chiaro e sostenibile, evitando squilibri tra le diverse aree del Paese.
I limiti della legge quadro di attuazione dell’autonomia differenziata
L’autonomia differenziata è tornata al centro del dibattito con la proposta di disegno di legge «Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata», che disciplina: Obiettivi e previsioni per l’attribuzione alle Regioni di forme particolari di autonomia (art. 1); Modalità di definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), degli obiettivi di servizio e dei fabbisogni standard nelle materie oggetto di intesa (art. 2); Perequazione infrastrutturale, per ridurre i divari territoriali in termini di dotazioni materiali e servizi pubblici (art. 3).
L’articolo 1 stabilisce gli obiettivi e i criteri cui lo Stato deve attenersi nella sottoscrizione delle intese. Il richiamo ai Lep, agli obiettivi di servizio e ai fabbisogni standard rappresenta un passo avanti rispetto alle precedenti bozze d’intesa di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che non facevano riferimento alla legge 42/2009 e al D. Lgs. 68/2011 di attuazione del federalismo fiscale regionale.
Sebbene il tentativo di ancorare l’autonomia differenziata a un approccio più cooperativo sia positivo, il disegno di legge presenta criticità sostanziali:
Attribuzione delle funzioni senza Lep e fabbisogni standard: il disegno di legge prevede che, trascorsi dodici mesi dall’approvazione dell’intesa senza che siano stati definiti i Lep e i fabbisogni standard, le funzioni richieste dalla Regione possano comunque essere attribuite e finanziate sulla base delle risorse già iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente. Questa previsione indebolisce la coerenza del disegno di legge, rischiando di trasformarlo da tassello di una riforma organica del Titolo V a strumento per trasferire competenze senza una chiara definizione delle risorse necessarie;
Assenza di criteri di accesso e valutazione preventiva: il testo non prevede criteri specifici per l’accesso al regionalismo differenziato, né richiede un’analisi approfondita ex ante per verificare la sostenibilità finanziaria e amministrativa del trasferimento di competenze. La mancanza di tali valutazioni potrebbe portare a: peggioramento nella qualità dei servizi forniti ai cittadini; deficit nei bilanci regionali dovuti a trasferimenti inadeguati o inefficienze gestionali; squilibri territoriali accentuati, con un impatto negativo sulla coesione nazionale; aumento del contenzioso tra Stato e Regioni per conflitti di competenze.
Mancata esplicitazione dell’interesse nazionale: il disegno di legge non prevede esplicitamente, tra i principi cui deve conformarsi l’Intesa Stato-Regione, il riferimento all’interesse nazionale. Tuttavia, l’attribuzione di funzioni alle Regioni dovrebbe basarsi non su un principio di autodeterminazione regionale, ma su un criterio oggettivo di efficienza ed efficacia, valutando se la gestione decentrata garantisca un miglioramento rispetto all’amministrazione statale. L’assenza di questo principio rischia di rendere il regionalismo differenziato uno strumento di frammentazione istituzionale, piuttosto che un’effettiva leva di miglioramento delle politiche pubbliche.
In sintesi, il disegno di legge manca di garanzie fondamentali per assicurare che il trasferimento delle competenze avvenga in un quadro di sostenibilità finanziaria, equità territoriale e tutela dell’interesse generale.