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1 Ottobre 2025

Più donne a lavoro per ripartire

su Avvenire

di Giuseppe Muolo

Incrementare il tasso di occupazione femminile italiano, che è il più basso in Europa. Non c’è altra via d’uscita per interrompere il flusso sempre più preoccupante dello spopolamento, della fuga dei giovani e della crisi demografica del nostro Paese. E rilanciare quindi anche il futuro delle famiglie. È la strada maestra tracciata da Luca Bianchi, direttore di Svimez, a conclusione del workshop “Spopolamento, migrazioni e genere”, che si è tenuto ieri, a Roma.

Un incontro promosso da Fondazione Giacomo Brodolini e Svimez con il supporto di Save the Children e la partecipazione del Wo-men20. Bianchi ha tirato le somme del convegno, che ha avuto al centro della discussione le dinamiche di spopolamento delle aree interne, le migrazioni e le differenze di genere, con particolare attenzione al ruolo delle politiche pubbliche, del lavoro e dei servizi.

«La bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la loro segregazione in alcuni settori – ha spiegato Bianchi – determinano minori tassi di natalità (perché i giovani decidono di mettere su famiglia solo con un secondo reddito) e favoriscono l’emigrazione dei giovani laureati». Tutti fenomeni, ha aggiunto, «che caratterizzano l’intero Paese ma che diventano emergenza sociale in alcune aree del Sud». Su questo tema gli ha fatto eco Linda Laura Sabbadini, delegata del Women20, secondo cui «il nostro Paese sta pagando la debolezza storica delle politiche che non hanno mai avuto tra le priorità la situazione delle donne. Le giovani sono molto più indietro delle coetanee europee come livello di istruzione e competenze».

Nel periodo 2014-2024, come è stato ricordato durante il convegno, l’Italia ha perso 1,4 milioni di abitanti, con un calo demografico che colpisce soprattutto il Mezzogiorno (-918 mila persone). A pesare è il saldo naturale negativo (-3,8%), solo in parte compensato dai flussi migratori (+ 1,5%). Tra il 2019 e il 2023 sono 88mila i giovani tra i 25 e i 34 anni espatriati italiani in possesso di una laurea, a fronte di circa 77mila giovani laureati stranieri che hanno trasferito la loro residenza in Italia. Al Sud il quadro demografico peggiora ulteriormente: solo nel 2024, dei circa 52mila meridionali trasferiti al Centro-Nord, oltre il 55% ha tra i 25 e i 34 anni. Lo scenario al 2035 è critico: la scuola primaria perderà oltre mezzo milione di alunni, di cui quasi 200mila solo al Sud. Già oggi circa 3mila comuni, quasi la metà nel Mezzogiorno, rischiano la chiusura della loro unica scuola primaria. In questo quadro, Bianchi ha guardato positivamente al Pnrr, che con investimenti in infrastrutture sociali, come gli asili nido, può contribuire a «favorire sia una ripresa della natalità, sia una permanenza delle giovani famiglie all’interno del nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno».

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