di Adriano Giannola
su Il Mattino
Il Sud cresce più del resto dell’Italia nel 2024, così come nel biennio precedente, con un Pil a pari all’1%, mentre al Centro-Nord si ferma allo 0,6%. Grazie soprattutto agli investimenti pubblici, trainati dal PNRR e da una migliorata capacità realizzativa delle amministrazioni, soprattutto comunali, che nell’ultimo triennio sono aumentati del 75,3% passando da 4,2 a 7,4 miliardi. In termini di crescita cumulata del prodotto interno lordo, in Sicilia è cresciuto tra il 2022 e il 2024 dell’11,2% e in Campania del 9,5%, risultati superiori alla media del Mezzogiorno. Tra le attività del terziario meridionale, oltre al turismo, tirano quelle finanziarie e immobiliari, professionali e scientifiche, il che denota una crescita dei servizi a più elevato valore aggiunto e contenuto di conoscenza.
Cosa ci mostrano i dati SVIMEZ? In primo luogo, che è in difficoltà il modello export-led del Nord e nel 2025 lo sarà ancora di più, in quanto il contesto internazionale e nazionale va progressivamente peggiorando, soprattutto per fattori esogeni all’economia italiana, a partire dagli effetti dei dazi di Trump. Le regioni meridionali vanno un po’ meglio, a dimostrazione di quanto abbiamo sempre sostenuto, che cioè, se si investono risorse in modo oculato, la risposta del Mezzogiorno arriva. I primati del Sud hanno una spiegazione molto semplice che prende il nome da una delle sette opere della Misericordia dipinta a Napoli da Caravaggio: dar da mangiare agli affamati. Dietro ai numeri che la SVIMEZ pubblica, c’è un’idea, fondata sui vantaggi comparativi dell’Italia e del Mezzogiorno, sui quali suggeriamo ai decisori alcune indicazioni programmatiche:
1. Recuperare la centralità della strategia mediterranea, colpevolmente abbandonata negli scorsi anni, attraverso la valorizzazione delle Autostrade del Mare. E investire sulla logistica a valore, interpretata soprattutto come strategia di sistema, articolata in porti e retroporti attrezzati e favoriti dai privilegi fiscali delle Zone Doganali Intercluse, gestite in coordinamento dalle competenti Autorità Portuali. Un’opportunità per avviare uno sviluppo che non si limiti solo ad incrementare i traffici di persone e di merci ma realizzi il salto funzionale necessario a rendere possibile quel new manufacturing che consenta di lavorare una sempre maggior quota dei container e quindi di superare il ruolo fin qui prevalente di un puro transhipment. Una scommessa da vincere rapidamente, partendo dai porti di Napoli, Gioia Tauro, Taranto, Augusta e Catania. Cogliendo così il vantaggio posizionale-produttivo-vocazionale offerto dalla prospettiva mediterranea del Sud.
2. Puntare con convinzione sulle Transizioni Energetica e Climatica, cogliendo le chance che ha il Sud sulle rinnovabili e sulla geotermia, quest’ultima colpevolmente negletta dalla classe politica, piuttosto che scommettere sul nuovo nucleare per il quale serviranno almeno 10 anni.
3. Insistere sulla rigenerazione urbana. A partire da Napoli, dove serve una strategia imperniata sulla mitigazione del rischio bradisismico che, superando la colpevole inerzia sia locale che nazionale, crei condizioni favorevoli alla ricollocazione di significative fasce di popolazione nel medio lungo periodo. Puntando con chiarezza fin da subito sullo sviluppo attrezzato dell’asse Napoli-Bari. Lungo questa direttrice, infatti, si dovrebbero reinsediare la popolazione e i servizi, seguendo la nuova linea ferroviaria ad Alta velocità con 12 stazioni. Ridando così funzioni a zone interne, ora quasi abbandonate, dell’Irpinia e del Sannio e contribuendo per questa via a realizzare la Grande Città Campana. Piuttosto che congestionare centro e periferie dell’area metropolitana di Napoli.
4. Arginare la crisi demografica. La SVIMEZ per prima lanciò già alcuni anni fa l’allarme sullo tsunami demografico. Lo spopolamento, lo ha ribadito recentemente il ministro Giorgetti, è la vera palla al piede del Sud, dove i residenti potrebbero calare di 3,4 milioni entro il 2050. E proprio nelle aree interne, abitate ormai quasi esclusivamente da una popolazione anziana, è già ampiamente visibile. Eppure, quello demografico è un tema che tutta la classe politica tende deliberatamente ad accantonare. Sottovalutando gli impatti rilevanti che ha sulla spesa pubblica, in termini di servizi sociali, sanitari. Per affrontarla bisogna creare condizioni capaci di rendere appetibile progettare lì la propria vita e quella dei figli. Se non si capisce che una politica demografica oggi, più che dare qualche bonus nascita, deve ragionare sulle condizioni complessive di contesto con un approccio sistemico, non si va da nessun parte. La desertificazione dei servizi e dei trasporti nelle aree interne e in molte zone del Mezzogiorno dovrebbe diventare una priorità. Solo politiche di cittadinanza più inclusive possono incentivare le giovani coppie a restare e a fare figli. Altro che emergenza immigrazione, la vera emergenza è l’emigrazione del capitale umano, di ragazzi e ragazze che abbandonano il Sud e i loro luoghi di origine.
5. Fare un check up del PNRR, intervento straordinario dell’Europa per l’Italia, che ci chiede più coesione e meno diseguaglianze, e per questo ci ha messo a disposizione quasi 200 miliardi rispetto ad altri Paesi che hanno avuto meno, perché evidentemente il dualismo territoriale era meno accentuato. In questo triennio ha dato una spinta decisiva all’economia del Sud, ma non si intravede alcun disegno e vocazione, non ha alcun approccio sistemico e manca il coraggio del cambiamento.
6. Analizzare il trend dell’occupazione. Perché è vero che aumentano i posti di lavoro ma concentrati su settori a basso valore aggiunto, mentre diminuiscono le ore lavorate ed emerge la voragine della produttività stagnante dalla quale non si riesce ad uscire. Per di più al Sud le retribuzioni reali sono al di sotto di 6 punti rispetto al 2019. E ciò ci pone drammaticamente davanti un’irrisolta questione salariale italiana, che si riflette nella presenza di un’ampia platea di lavoratori poveri, soprattutto al Sud.
Come SVIMEZ siamo convinti che, oltre alle risorse, servano progetti, idee, una strategia di sistema, per mettere davvero in marcia il Sud, secondo motore del Sistema Italia. Nell’interesse dell’intero Paese.