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24 Luglio 2024

“Dopo anni di immobilismo con il Pnrr si può recuperare terreno”

intervista a Luca Bianchi
su Il Messaggero

Luca Bianchi, economista e direttore generale della Svimez, nota che «nelle periferie italiane quasi sparisce lo storico divario tra Sud e Nord».

Scampia come Quarto Oggiaro?
«Le periferie settentrionali sono diventate via via un pezzo di Mezzogiorno. E questo processo è la conseguenza dell’aumento delle diseguaglianze avvenuto tra la crisi del 2008 e il Covid, con il risultato che in queste aree si sono scaricati gli effetti della frammentazione del mercato del lavoro e dell’indebolimento delle politiche pubbliche su comparti fondamentali come istruzione e sanita».

Per la riqualificazione urbana, però, sono stati destinati dal 2016 quasi 15 miliardi.
«E il livello di degrado resta ancora alto, nonostante si registrino in alcune periferie delle dinamiche positive. Intanto va ricordato che una parte di questi fondi è in fase di realizzazione. La vera svolta è arrivata con le risorse del Pnrr, che rimane una grossissima opportunità in particolare per il Mezzogiorno, perché qui in passato c’erano meno soldi a disposizione. Comunque parliamo di un’inversione di tendenza degli ultimi anni».

A che cosa si riferisce?
«Veniamo da lunghi periodi di disinvestimento pubblico nelle periferie, in particolare verso quelle del Sud».

Non sono responsabili di questa situazione anche i Comuni, che fanno fatica nell’occuparsi delle loro periferie?
«Credo che i sindaci siano un asse fondamentale della classe dirigente del Paese. Devo dire che nonostante le tante difficoltà che contraddistinguono le loro amministrazioni, come la riduzione del personale, stanno rispondendo a questa sfida. Anche nell’ultima cabina di regia sul Pnrr il governo ha riconosciuto che questi enti, com presi quelli del Mezzogiorno, hanno messo a gara oltre il 90 per cento delle risorse del Revovery.

Sono sufficienti questi fondi?
«Ovviamente servirebbero risorse molto più rilevanti. Perché i problemi delle periferie non sono soltanto legate ai deficit infrastrutturali. Qui c’è soprattutto un questione di qualità dei servizi. Su questo versante, soprattutto nei Comuni del Mezzogiorno perché più deboli dal punto di vista finanziario, si fa fatica a garantire livelli costanti nell’erogazione. Per esem-pio, prendiamo i dati Invalsi sulle competenze scolastiche: veniamo a scoprire che ci sono profonde e maggiori differenze sulla preparazione degli allievi più tra il centro e la periferia di una stessa città che tra diversi territori del Paese».

Intanto, due giorni fa a Scampia, due persone sono morte e altre 13 sono ferite, nel cedimento di un ballatoio abusivo in una delle famigerate Vele.
«Che cosa serve per evitare eventi come questi? Intanto bisogna portare a termine i progetti previsti dal Pnrr. Su questo versante vorrei ricordare che il Comune Napoli è molto avanti nella messa a terra dei progetti supportati con i fondi del Recovery. E poi attenzione a non togliere la speranza».

La speranza?
«Sì, perché la Scampia di oggi non è più quella interamente degradata degli anni scorsi. Questo evento tragico avviene in presenza di alcuni importanti segnali di trasformazione: per esempio sono stati avviati i lavori di abbattimento della Vela e l’università Federico II ha dislocato in una bellissima struttura facoltà come medicina e biologia».

Tutti gli interventi lanciati negli ultimi anni puntavano e puntano alla cosiddetta ricucitura sociale. È stato raggiunto questo obiettivo?
«Ovviamente no, perché c’è un problema più generale nelle periferie di rafforzamento delle politiche ordinarie verso i più deboli. Ho segnalato prima il fronte scola-stico, ma dico di più: con un sistema di gabbie salariali al contrario, io credo che chi lavora in una periferia degradata debba essere incentivato e pagato di più. Forse è l’unico modo per dotare queste aree delle competenze che mancano».

Non crede che si dovrebbe investire di più su progetti di partenariato tra pubblico e privato?
«Sicuramente è una leva che si dovrebbe maggiormente utilizzare. È un’importante opportunità, ma il coinvolgimento del privato garantisce maggiori risultati quando è forte il ruolo del pubblico».

Storicamente a che cosa è dovuta la scarsa attenzione verso le nostre periferie?
«Più in generale, non c’è un’adeguata attenzione al tema delle disuguaglianze e alla disgregazione delle reti sociali. Tema sul quale, un tempo, i grandi partiti sapevano meglio confrontarsi».

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