Website Preloader
La Storia
La Storia

1946⇢1949

Il nuovo meridionalismo e le prime attività della SVIMEZ

La SVIMEZ nasce l’8 novembre 1946, su iniziativa del Ministro per l’Industria Morandi e del gruppo dirigente dell’IRI (Saraceno, Menichella, Giordani e Cenzato), con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. La proposta viene avanzata durante una riunione al Ministero per l’Industria e il Commercio, a cui partecipano rappresentanti di Banca d’Italia, IMI, IRI, Banco di Napoli, FIAT, Montecatini, Pirelli e altre importanti realtà industriali e finanziarie. L’idea alla base della creazione della SVIMEZ è favorire la crescita economica del Sud attraverso studi, investimenti e iniziative concrete, con un focus sull’industrializzazione del Mezzogiorno come chiave per ridurre il divario economico con il Nord.

Il 2 dicembre 1946, l’ente viene ufficialmente costituito a Roma con il nome di Società per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. La presidenza viene affidata a Morandi, mentre Saraceno assume il ruolo di Segretario Generale, con il compito di coordinare gli studi e le attività dell’Associazione, intorno alle idee del Nuovo Meridionalismo. Secondo l’impostazione del Nuovo Meridionalismo lo sviluppo del Sud doveva essere parte integrante della crescita nazionale: nessun rilevante problema della società italiana poteva trovare soluzione senza risolvere la questione meridionale; l’industrializzazione del Mezzogiorno era condizione necessaria anche se non sufficiente per portare a soluzione la questione meridionale; industrializzare il Mezzogiorno era quindi obiettivo il cui perseguimento, nell’interesse nazionale, doveva condizionare la soluzione di ogni altro problema del Paese.

Nel giugno 1947, la denominazione dell’ente viene modificata in Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno: un’associazione privata senza fini di lucro, il cui scopo è lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno al fine di proporre concreti programmi di azione e di opere intesi a sviluppare nelle regioni meridionali quelle attività industriali che meglio rispondano alle esigenze accertate. Nello stesso anno, viene avviata una prima fase di studi sulle condizioni economiche del Sud, con particolare attenzione alla disponibilità di materie prime, infrastrutture e capitale umano.

Nel 1948 vengono pubblicate le prime relazioni economiche della SVIMEZ sullo stato dell’industria meridionale, individuando tre ostacoli fondamentali allo sviluppo: mancanza di capitali per gli investimenti industriali; insufficienza delle infrastrutture (trasporti, energia, servizi essenziali); difficoltà di accesso ai mercati per le imprese meridionali. Per affrontare questi problemi, la SVIMEZ propone la creazione di un ente finanziario per il Sud, un’idea che anticipa la futura Cassa per il Mezzogiorno.

Nel 1949, vengono aperte sedi locali a Napoli, Milano, Bari e Palermo, per coordinare meglio le ricerche e il dialogo con le imprese del territorio.

1950⇢1969

La Cassa per il Mezzogiorno, i contributi alla programmazione economica, le attività di formazione

Ne 1950 segna una svolta storica con la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, un’istituzione statale nata per finanziare opere pubbliche e iniziative industriali nel Sud Italia. La SVIMEZ gioca un ruolo decisivo nella sua fondazione, fornendo studi economici, analisi statistiche e proposte operative. La SVIMEZ contribuisce all’avvio dell’intervento straordinario – concepito come strumento di una politica di sviluppo che doveva creare quella convenienza all’investimento industriale ancora mancante nel Mezzogiorno – che introduceva il principio innovativo di un sistema decisionale e di un coordinamento dell’intervento pubblico diversi da quelli in vigore nel resto del paese. La straordinarietà dell’intervento veniva suggerita non solo dalla imponenza delle opere necessarie al Mezzogiorno, ma anche dai limiti operativi delle amministrazioni ordinarie e dalla lentezza e complessità delle loro procedure.

Tra la metà degli anni 50 e la fine degli anni 60, le attività della SVIMEZ conoscono una notevole espansione grazie ai molteplici contatti creati a livello nazionale e internazionale e al ruolo di primo piano assunto in materia di programmazione economica.

L’Associazione collabora alla predisposizione del Rapporto sull’economia europea nel 1953 preparato dalla Commissione economica per l’Europa.

In quegli anni la SVIMEZ è un centro di riferimento per la pianificazione economica del Mezzogiorno. L’Associazione elabora gli studi che costituiscono la base dello “Schema Vanoni” del 1954. Lo “Schema” – il primo tentativo di inserire gli indirizzi e le scelte di intervento nel Mezzogiorno in un preciso contesto di politica economica generale – è il documento che meglio caratterizza l’attività della SVIMEZ in quegli anni. Lo “Schema”, in vista di obiettivi di interesse generale e in base ad alcune ipotesi sull’andamento delle principali variabili macroeconomiche, intendeva offrire l’impianto logico di un possibile Piano cui fossero tenute a conformarsi le decisioni di politica economica di volta in volta adottate.

Nel 1964 il Presidente della SVIMEZ Saraceno presenta un Rapporto alla Commissione nazionale per la programmazione economica presieduta dal ministro del Bilancio La Malfa, nella quale rivestiva il ruolo di Vicepresidente. Le attività della Commissione avevano preso le mosse dalla Nota aggiuntiva, presentata in Parlamento da La Malfa, come allegato alla Relazione generale sulla situazione economica del Paese. Nella Nota si indicavano, tra i problemi fondamentali del Paese, gli squilibri di natura settoriale tra industria e agricoltura e quelli di natura territoriale tra Nord e Sud e tra città congestionate e aree agricole spopolate. Nel “Rapporto Saraceno” si proponeva di introdurre l’azione meridionalistica nel sistema degli interventi di programmazione nazionale, indicando le politiche per l’impiego degli strumenti di intervento esistenti – Cassa per il Mezzogiorno e sistema degli incentivi – e affermando in particolare la necessità di adottare come misure per lo sviluppo: la localizzazione nel Sud della totalità dei nuovi investimenti delle imprese a partecipazione statale e la diffusione dell’imprenditorialità meridionale attraverso anche l’assunzione, da parte di organi specializzati, di partecipazioni di minoranza. Nel Rapporto, inoltre, rispetto ai precedenti studi sulla programmazione, si spostava l’attenzione dal momento economico a quello civile dello sviluppo, assegnando grande importanza ad aspetti quali la scuola, la sanità, la previdenza, i servizi pubblici, la politica urbanistica.

Negli stessi anni, l’esperienza acquisita dalla SVIMEZ nell’analisi delle regioni meridionali viene riconosciuta anche al di fuori dell’Italia. La partecipazione alla formazione delle politiche di sviluppo e all’elaborazione concettuale degli strumenti di intervento adottati a livello nazionale, in particolare, permettono l’avvio di numerose collaborazioni internazionali per l’elaborazione di programmi di sviluppo di altri paesi (Grecia, Venezuela, Somalia, Iran, Spagna, Turchia, Israele, Portogallo) e di assistenza tecnica a istituzioni internazionali (FAO, CEE e OCSE).

Un ramo di attività che acquista particolare rilevanza negli stessi anni è quello dell’alta formazione in tema di problemi di sviluppo. Nel 1957, con il contributo della Ford Foundation, che aveva orientato la sua attenzione verso la SVIMEZ grazie anche all’interessamento di Rosenstein-Rodan, viene istituito il Centro per gli studi sullo sviluppo economico, che avrebbe operato fino al 1969. Diretto da Claudio Napoleoni, e avvalendosi di docenti come lo stesso Rosenstein-Rodan e Tinbergen, il Corso rappresenta una novità nel panorama della cultura economica italiana, comprendendo insegnamenti non offerti nei programmi universitari, come la contabilità nazionale, le politiche di industrializzazione, la politica di sviluppo. Parallelamente ai corsi del Centro viene anche avviata, dalla fine del 1959, un’attività di training individuali rivolta a studiosi, esperti, funzionari di enti pubblici e privati provenienti da altri paesi. Gli aspiranti selezionati erano invitati a trascorrere un periodo di studio presso il Centro e a usufruire dell’assistenza dei docenti e del personale. Agli ospiti veniva offerta la possibilità di condurre in Italia specifiche ricerche sul problema della politica di sviluppo economico, studiare il funzionamento delle istituzioni italiane che si occupavano di questo settore con particolare riguardo al Mezzogiorno, partecipare alle attività di formazione del Centro.

1970⇢1979

La crisi economica, Il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno

Negli anni 70 si intensificano i rapporti con organi nazionali e regionali di governo preposti alla programmazione e alla realizzazione degli interventi straordinari che portarono nel 1970 a un’intesa con l’ Istituto di studi per la programmazione economica (ISPE) e con il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, in base alla quale la SVIMEZ prestava la propria collaborazione per la messa a punto di documenti che riguardavano la politica di sviluppo del Mezzogiorno, in connessione alle decisioni che doveva prendere il CIPE ai rapporti che gli organi di governo intrattenevano con la CEE relativamente ai problemi della politica regionale e della politica di sviluppo industriale.

Gli anni 70 sono caratterizzati da una grave crisi economica internazionale, che colpisce duramente il Mezzogiorno. L’aumento del prezzo del petrolio, determinando una forte crisi energetica, colpisce du­ramente l’industria pesante insediata nel Mezzogiorno. Gli studi territoriali della SVIMEZ sottolineano come l’aumento dell’inflazione e la crisi energetica del 1973 avessero effetti negativi sulla competitività del Sud, aggravando il divario con il Nord. L’Associazione analizza l’impatto della crisi industriale sulla disoccupazione meridionale, mettendo in evidenza il fenomeno della sottoccupazione nel settore terziario e il riflusso verso l’agricoltura.

Nel 1974, viene pubblicato uno studio che dimostra come gran parte degli investimenti pubblici siano stati utilizzati per infrastrutture, senza creare un tessuto industriale solido. La SVIMEZ propone quindi un cambio di strategia, suggerendo: maggiore responsabilità del settore privato nello sviluppo del Sud; sostegno a piccole e medie imprese locali anziché solo a grandi industrie; un più efficace coordinamento tra investimenti pubblici e privati.

Nel 1975 nasce l’iniziativa di presentare annualmente un Rapporto sull’economia del Mezzogiorno al fine di individuare gli aspetti peculiari che la congiuntura assumeva nella parte meno sviluppata del Paese. Il proposito era quello di fornire, a ridosso della presentazione dei due principali documenti sullo stato dell’economia italiana – la Relazione generale al Parlamento sulla situazione economica del Paese e la Relazione del governatore della Banca d’Italia – un quadro il più possibile aggiornato e documentato, sotto il profilo quantitativo, della situazione meridionale. Fin dai primi anni di edizione, il Rapporto si pose come principale documento annuale sul Mezzogiorno e come punto di riferimento per il dibattito meridionalistico in merito alla specificità degli effetti che l’andamento generale dell’economia determinava nel Mezzogiorno.

Nel 1977 venne siglata con il Ministro per gli interventi straordinari una convenzione, con la quale la SVIMEZ si impegnava a prestare la sua consulenza agli organi competenti in materia di programmazione dello sviluppo e degli interventi per il Mezzogiorno. Tale collaborazione doveva consistere nell’effettuazione di specifiche ricerche sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno per conto dell’Ufficio del Ministro e nell’impegno della SVIMEZ a prestare la sua consulenza anche al Comitato dei rappresentanti delle Regioni meridionali in merito ai temi su cui aveva accumulato una particolare esperienza. Nell’ambito di queste collaborazioni particolare rilievo assunse l’attività svolta per conto del Comitato tecnico per la predisposizione del programma quinquennale per il Mezzogiorno, previsto dall’art. 1 della legge 2 maggio 1976, n. 183. Presidente del comitato fu nominato Saraceno. Al Comitato tecnico era affidato l’incarico di predisporre gli elementi di valutazione necessari alla formulazione del programma pluriennale previsto dalla legge 183, che regolava l’intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980

1980⇢1990

Le nuove linee di ricerca, il modello NMODS

Negli anni 80-90, la SVIMEZ pubblica una serie di rapporti che dimostrano i limiti del cambiamento nelle politiche per l’industria del Sud che si consuma con il passaggio dalla politica industriale del primo intervento straordinario a un intervento pubblico basato sulla concessione di sussidi orientati alla riduzione del costo del lavoro delle imprese meridionali. Una forma di sostegno, divenuta generalizzata e sostitutiva degli incentivi agli investimenti produttivi, che aveva snaturato la funzione originaria dell’intervento straordinario di promozione dello sviluppo indu­striale e ostacolava l’adozione di strategie aziendali di crescita.

Principalmente attraverso la presentazione del Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, la SVIMEZ ha modo di denunciare a più riprese il dualismo tra Nord e Sud che, lungi dall’attenuarsi sembrava invece destinato ad accentuarsi con l’aumento della disoccupazione, la mancata o parziale partecipazione al progresso compiuto dal Nord nella ristrutturazione, nella innovazione tecnologica, nella ricapitalizzazione e nella internazionalizzazione delle imprese, la crisi dell’intervento straordinario.

Le ricerche dell’Associazione si orientano così su diverse tematiche:

Competitività e globalizzazione: con l’allargamento della CEE e la progressiva liberalizzazione dei mercati, le ricerche si focalizzarono sulle difficoltà del Mezzogiorno nell’attrarre investimenti e nel competere con altre aree arretrate europee;

Trasformazione dell’industria meridionale: si analizza la necessità di una riconversione industriale, promuovendo settori innovativi e riducendo la dipendenza dai grandi impianti;

Ruolo delle Regioni: con la crescente importanza delle autonomie regionali, la SVIMEZ approfondisce l’impatto delle politiche regionali di sviluppo e il coordinamento con i fondi strutturali europei;

Evoluzione demografica e urbanizzazione: vengono condotti studi sullo spopolamento delle aree interne e sul degrado delle grandi aree metropolitane del Sud.

Nel 1987 diventa operativo NMODS, il primo modello econometrico bi-regionale (Centro-Nord/Sud) impiegato per fornire previsioni sull’evoluzione delle principali variabili economiche nonché per valutare l’impatto territoriale degli interventi di politica economica. La decisione di intraprendere l’iniziativa prese forma sulla scorta di una riflessione critica svoltasi in seno alla SVIMEZ, per iniziativa del Presidente Saraceno, circa lo stato di impiego dei modelli econometrici ai fini di valutazione degli effetti di misure di politica economica, nazionale e regionale. Una attenta analisi delle caratteristiche dei principali modelli econometrici nazionali portò a identificare nel MOSYL, elaborato dal Prof. Paolo Sylos Labini, quello più rispondente, in termini di impostazione teorica generale, allo scopo prefisso. Su indicazione dello stesso Sylos Labini, l’incarico di portare avanti la realizzazione del modello econometrico bi-regionale NMODS, in collaborazione con la SVIMEZ, venne affidato al prof. Carlo Del Monte, in qualità di coordinatore di un gruppo di studiosi dell’Università di Perugia.

Sotto la guida del Direttore Salvatore Cafiero, nel 1992, la SVIMEZ pubblica la prima edizione del Rapporto sui Mezzogiorni d’Europa. Un’iniziativa di ricerca nata dalla considerazione che l’ingresso nella Comunità Europea di nuovi Paesi avesse ampliato l’estensione e il peso demografico delle aree in ritardo di sviluppo e che il dualismo territoriale fosse ormai divenuto una questione europea. Il Rapporto illustrava le tendenze delle grandi aree in ritardo – Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Mezzogiorno d’Italia – tenendo conto delle differenze strutturali delle rispettive economie, ed esaminava i risultati delle politiche generali e di sviluppo regionale adottate in ciascuna di esse.

Durante la direzione di Riccardo Padovani, nel 1998, la SVIMEZ pubblica, in collaborazione con CER (Centro Europa Ricerche), il Rapporto sull’industria meridionale e sulle politiche di industrializzazione aggiornando la propria riflessione sul modello di specializzazione italiano e sul ruolo delle politiche industriali alla luce delle trasformazioni dell’industria meridionale dopo la crisi di metà anni ‘70. Il volume fornisce un ampio quadro dell’industria meridionale, approfondendone gli andamenti negli anni 80 e 90, il ruolo e l’importanza della grande industria e delle piccole e medie imprese, dando anche conto degli interventi di sostegno e delle tendenze della politica industriale negli anni 90 nonché degli strumenti istituzionali ed economici della politica di industrializzazione.

Gli anni 2000

Il Mezzogiorno nelle crisi, le politiche di coesione e i diritti di cittadinanza

Gli studi della SVIMEZ hanno conosciuto un’evoluzione significativa nel corso degli anni 2000, adattandosi alle nuove dinamiche economiche, sociali e politiche che hanno caratterizzato il nuovo millennio, attraversato dai radicali cambiamenti strutturali nella competizione internazionale indotti dall’ingresso della moneta unica e l’arrivo a piena maturazione della globalizzazione, e da tre grandi crisi: lo shock finanziario globale, la crisi dei debiti sovrani, la pandemia da Covid-19.

Con l’ingresso nell’euro e il successivo allargamento del mercato unico europeo a Est, la SVIMEZ ha portato l’attenzione sul “doppio divario” della lunga stagnazione nazionale: l’allontanamento dell’Italia dall’Europa e quello del Sud dal Nord del Paese. La SVIMEZ ha affinato le proprie metodologie di ricerca, approfondendo temi come la competitività delle regioni meridionali, l’impatto delle politiche di coesione europea, le nuove forme di disuguaglianza sociale, l’evoluzione del tessuto produttivo nazionale e meridionale nella nuova geografia europea.

L’inizio del nuovo millennio è anche caratterizzato da profondi mutamenti dell’organizzazione territoriale dello Stato. A seguito della modifica del Titolo V Costituzione del 2001, la SVIMEZ avverte l’esigenza di esaminare con attenzione gli effetti e le implicazioni che la riforma avrebbero potuto produrre, tra l’altro, in ordine all’efficacia delle politiche pubbliche ordinarie e di sviluppo. Si avvia dunque un filone di ricerca sul tema, che prosegue tuttora sollecitato dal dibattito intorno all’autonomia differenziata, che si concretizza nella riunione di Gruppi di lavoro e di Commissioni di ricerca. Attraverso la produzione di Note di studio, si iniziano a indagare i metodi per promuovere lo sviluppo delle aree depresse nel nuovo contesto giuridico-istituzionale, anche analizzando il difficile bilanciamento tra autonomia e solidarietà nazionale, e studiando l’esperienza di altri paesi.

Successivamente, gli studi in materia di federalismo si concentrano sulla legge delega n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale. Con la presidenza di Adriano Giannola, la SVIMEZ si posiziona nel dibattito pubblico e parlamentare sull’attuazione del federalismo fiscale con studi, approfondimenti, audizioni e specifiche proposte di emendamento, al fine di contrastare l’autonomia differenziata per tutelare i principi costituzionali di solidarietà e perequazione territoriale.

 Negli anni la SVIMEZ viene spesso chiamata in Parlamento, con i suoi rappresentanti, in Audizioni per discuterne prima le ricadute attese, poi le difficoltà attuative.

Il 30 maggio 2011, presso la Camera dei deputati, la SVIMEZ tiene una Giornata di Studio su “Nord e Sud a 150 anni dall’Unità d’Italia”. Il contributo della ricerca della SVIMEZ per il 150° culmina in una serie di pubblicazioni, a partire da un volume dal titolo 150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud, 1861-2011, aggiornando e ampliando le informazioni statistiche contenute in una precedente opera, realizzata in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia. La SVIMEZ ha in tal modo voluto fornire un supporto concreto, di studio e di riflessione, sulla tematica che da sempre la vede impegnata alla promozione di una effettiva unificazione economica e sociale del Paese.

Dal 2008, l’Italia ha subito due shock successivi: il primo legato alla recessione globale innescata dalla crisi finanziaria globale, il secondo derivante dalla crisi del debito sovrano, che ha portato a severe politiche di austerità. La risposta dei governi italiani a questa seconda fase della crisi è stata caratterizzata da una drastica riduzione della spesa pubblica e degli investimenti, con conseguenze che hanno colpito soprattutto il Mezzogiorno: il crollo degli investimenti pubblici ha ampliato ulteriormente il divario tra Nord e Sud. L’assenza di un’adeguata strategia di riequilibrio ha reso sempre più evidenti le difficoltà delle regioni meridionali nel mantenere il passo con il resto del Paese, sia in termini di sviluppo economico che di accesso ai servizi pubblici essenziali. La questione meridionale è divenuta una questione di diritti di cittadinanza limitati: le differenze nella qualità dei servizi sanitari e dell’istruzione tra le diverse aree del Paese hanno portato a una crescente disuguaglianza tra i cittadini italiani, rendendo il tema del riequilibrio territoriale una questione di giustizia sociale.

A partire dal 2018, sotto la nuova direzione di Luca Bianchi, il Rapporto annuale della SVIMEZ ha registrato questo cambiamento, trasformandosi nel Rapporto sull’economia e la società del Mezzogiorno. L’attenzione si è spostata sulle due priorità complementari intorno alle quali impostare le politiche pubbliche: riequilibrare l’accesso ai diritti di cittadinanza in tutto il Paese attraverso investimenti in infrastrutture sociali che migliorino la qualità e la quantità dei servizi pubblici nei territori con maggior bisogno; ridurre il divario produttivo tra le regioni, sostenendo la crescita e la modernizzazione della base industriale del Mezzogiorno.

Il terzo grande shock degli anni 2000, la crisi provocata dalla pandemia da COVID-19, ha prodotto impatti economici e sociali dirompenti, sollecitando l’Europa verso una svolta storica, portando alla sospensione straordinaria e temporanea delle regole di austerità e alla creazione di debito comune europeo per accompagnare la transizione verso il post-pandemia. In questa svolta, la SVIMEZ ha letto l’occasione storica di riportare il tema del divario Nord/Sud di nuovo nell’agenda nazionale.

Fin dal suo lancio, la SVIMEZ ha seguito la genesi, l’impostazione e l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano soprattutto con riferimento alle sue finalità di coesione economica, sociale e territoriale. Le analisi empiriche pubblicate nella nuova collana on line Informazioni SVIMEZ lanciata nel 2022 coprono diversi aspetti legati all’effettiva capacità del Piano di rispettare le sue finalità di coesione: il ruolo dei Comuni; gli investimenti in asili nido e infrastrutture scolastiche; il monitoraggio dell’avanzamento delle opere pubbliche realizzate dagli enti decentrati.

Con il coordinamento del vice-direttore Stefano Prezioso, la SVIMEZ potenzia il modello NMODS per realizzare previsioni e stime d’impatto di investimenti privati e politiche pubbliche a livello regionale. In collaborazione con Ref-Ricerche, nel 2024 è stata presentata la prima edizione del Rapporto Dove vanno le regioni italiane sull’andamento nel 2019-2023 del PIL nelle regioni italiane, guardando alla scomposizione settoriale del valore aggiunto e ai contributi alla crescita delle diverse componenti della domanda. Le analisi sono arricchite da un’analisi territoriale degli andamenti dell’occupazione e delle sue caratteristiche qualitative. Viene inoltre dedicato un approfondimento agli impatti territoriali delle politiche adottate per far fronte alla crisi Covid e allo shock energetico.

Più di recente, l’attenzione degli studi della SVIMEZ si è spostata sempre più verso l’innovazione, la digitalizzazione, lo sviluppo sostenibile e le strategie per rilanciare il Sud nel contesto di transizione ecologica ed energetica. Suggerendo di rendere complementari gli obiettivi di competitività e coesione. Gli studi più recenti riflettono la necessità di politiche pubbliche mirate, capaci di affrontare le sfide del XXI secolo e di valorizzare le potenzialità delle filiere produttive del Mezzogiorno nel contesto economico profondamente mutato che vede il Sud potenzialmente al centro delle strategie industriali europee.

Cerca nel sito

Inserisci una parola chiave per cercare nel titolo, contenuto o riassunto